giovedì 4 dicembre 2008

Aspettando...

Aula studio a quest’ora non è affollata come credevo sarebbe stata. Però, mentre aspetto le mie compagne di corso che stanno sostenendo l’esame di informatica, qui manca una persona che riuscirebbe sicuramente a portare un po’ di sole nel mio cuore. E’ anche comprensibile il fatto che oggi non sia venuto all’università, in fin dei conti questa è la giornata dell’esame dell’altro gruppo, era logico stare a casa. Sono io che mi sono fatta (come ogni giorno del resto) ben 62km per dare un sostegno morale alle mie compagne di corso, ma va bene così, l’ho fatto per loro, ma se per caso incontravo il ragazzo misterioso questo fatto non mi avrebbe dato alcun disturbo. Quest’attesa mi fa riflettere su tante cose, soprattutto sul fatto che rimandando sempre, aspettando il momento adatto non riuscirò mai a concludere niente. Dovrei capire cosa voglio veramente e se quello che voglio lo riesco a far diventare realtà con le mie azioni, e se per caso credo di non poterlo fare devo capire cosa c’è in me che non va. Tanti giri di parole per dire che dovrei sconfiggere quella maledetta timidezza, perché non mi serve a niente, mi ostacola e basta, non mi permette di godermi a pieno gli anni più belli della vita di un essere umano. Perché io lo voglio conoscere, lo voglio! Devo conoscerlo meglio, perché se non lo faccio, impazzisco! Ormai è nella mia testa, ormai faccio fatica a scacciare dalla mia mente tutti i pensieri che lo riguardano. Sono un caso perso! Anche se alla fine questa situazione mi porterà una grossa delusione, voglio che finalmente succeda qualcosa. Finalmente vorrei che qualcosa cambiasse anche nella mia vita: ho sempre dato tanto senza mai chiedere nulla in cambio; adesso è arrivato il momento in cui vorrei regalarmi qualcosa, vorrei cambiare qualcosa, vorrei finalmente provare quelle emozioni di cui ormai ho dimenticato il gusto. Non è un crimine, non è un comportamento da egoisti, semplicemente è un voler ricominciare a vivere… Vivere per davvero!

Però le cose non avvengono se non gli dai una mano… Quindi devo svegliarmi, basta aspettare! Basta vivere nel mondo del forse, del magari, ormai non ce la faccio più – se voglio cambiare qualcosa devo pur aiutare il destino in qualche modo. Mi arriva un due di picche, punto, la vita va avanti, è lui che si perde qualcosa, sicuramente non sono io! No, non io!

martedì 2 dicembre 2008

Il viaggio di ritorno...

Eccoci… Di nuovo in viaggio, di nuovo piena di pensieri, di nuovo delusa da come sia andata la giornata. Non è possibile che ogni volta che provo a parlarli non ci riesco?! Come faccio a chiedergli il numero di telefono, come faccio a fargli capire che mi interessa veramente se non c’è sempre qualcuno che si mette in mezzo? Non voglio andare avanti così, non voglio! Quel ragazzo (Y) mi piace proprio, ma veramente tanto: non parlo solamente dell’aspetto fisico, ma anche della persona che rappresenta. E’ un ragazzo intelligente, simpatico, educato, divertente, cerca di dar sempre una mano a chi è in difficoltà… Insomma è proprio uno che fa per me. In questo preciso istante della mia vita ho proprio bisogno dell’affetto di una persona, di un altro essere umano. Non voglio ne lamentarmi ne fare la vittima, ma questo è un periodo particolare dell’anno: questi ultimi tre mesi sicuramente non appartengono a miei ricordi più belli, anche se ci sono stati molti momenti in cui ho provato gioia di vivere, anche se questi momenti li terrò per sempre nel mio cuore, l’ultimo periodo dell’anno 2008, l’anno del mio ventesimo compleanno, ha lasciato un segno nel mio animo, mi ha confuso ulteriormente, mi ha ferito. Per questo motivo ho bisogno di una persona “nuova”, di un ragazzo che riesca a volermi bene per quello che sono. Non dico che deve essere per forza uno dei tre moschettieri (X, Y, Z), ma non mi lamenterei assolutamente se fosse così. “Vivere è una malattia mortale (…)” quindi bisogna fare tutto il possibile per trascorrere la propria esistenza al massimo sfruttando tutte le occasioni che il fato ci pone davanti nel nostro cammino. Queste occasioni non ricapitano, ma per una persona come me è difficile affrontarle. Non sono una persona estroversa (anche se alcuni sono convinti del contrario), sono timida al quadrato per quanto riguarda ragazzi e se finalmente trovo dentro di me la forza per rivolgere la parola alla persona che mi interessa, se qualcuno si mette in mezzo, mi interrompe, questo coraggio svanisce. In questi mesi sono stata proprio brava a nascondermi dietro la maschera di una persona che in realtà non sono, ma se la gente non si accorge, non capisce come sono fatta veramente, non riuscirà mai a conoscermi veramente. Al liceo non riuscivo a legare bene quasi con nessuno, alla fine ho trovato solo due, tre persone con cui passare il tempo; il primo giorno dell’università mi sono promessa di cambiare, di lasciarmi alla spalle questa mia timidezza, di aprirmi di più con le persone, ma ci sono dei giorni, dei periodi in cui non riesco proprio ad abbandonare quell’atteggiamento di chiusura totale.

“Siamo in arrivo a Suzzara”

Torno a parlare dei miei trascorsi all’università, dei miei sentimenti legati ai tre moschettieri, perché non vorrei più approfondire il tema del mio stato d’animo, non voglio affrontare il discorso del mio essere. Parlando sempre in codice: Y non è assolutamente come X e Z (sono nomi in codice :P), quando gli sto vicino lo sento interessato alle cose che dico, è attento a ogni parola, ad ogni virgola. Fa tantissime domande, e ciò mi fa capire che in qualche modo è interessato a me, almeno come persona, come un’amica, che in questa “fase” non è affatto un male. Peccato che ogni volta che cominciamo un discorso c’è sempre qualcuno che viene a disturbare, ed io, anche se vorrei parlargli, anche se vorrei rimanere lì almeno un altro minuto, devo andare via: o perché c’è qualcuno che vuole qualcosa da me, o qualcuna (!) da lui! L’altro giorno stavamo parlando, l’ho visto particolarmente interessato a quello che dico, però qualcuno non poteva aspettare quei cinque minuti, quel poco che mi mancava per concludere il discorso, mi chiamava con l’insistenza, e quindi sono dovuta andare via e lasciarlo lì senza una parola… Questo non è assolutamente da me, non lascio il mio interlocutore in mezzo ad un discorso, non me ne vado via senza dir nulla in mezzo ad un conversazione, è da maleducati! Però ero arrabbiata con quel qualcuno che non poteva aspettare un attimo, non lo ero assolutamente con il mio interlocutore.
Ma quanto mi piace scrivere in codice, scrivere senza che nessun interessato venga nominato!
Non riesco a togliermi dalla testa quel giorno in cui io e Y abbiamo parlato proprio tanto (senza che nessuno si mettesse in mezzo!), abbiamo riso, scherzato, ci siamo divertiti insomma! E’ stato bello potergli raccontare di me, della persona che sono, ma la cosa più interessante era sentirlo parlare di se… Poi questo mi ha aiutato moltissimo nel capire (più o meno) la persona che è, e non potevo esserne più felice.
Adesso mi rendo conto che devo far qualcosa, ma veramente, c’è bisogno che io mi svegli, che lasci da parte questa benedetta timidezza! Non posso trovarmi ogni giorno ad affrontare questo discorso. Voglio il tuo numero, te lo chiedo, niente di più semplice.
Peccato, essendo timida, ci metto dei giorni per trovare le parole giuste, per inventare una scusa valida se voglio veramente ottenere qualcosa…
Uno: non vorrei sembrare invadente, quindi aspetto che sia solo.
Due: dovrei usare delle parole giuste per fargli capire che mi piace senza dirglielo direttamente.
Tre: mi dovrei inventare una scusa “intelligente”, perché non posso andare a chiedergli se sa tracciare una linea dritta visto che frequenta come la facoltà di architettura!? Insomma bisogna preparare un piano prima di “passare all’attacco”. Non bisogna dimenticare che un “piano d’azione” deve regolarsi in base alla situazione che uno si trova davanti, quindi bisogna considerare tutti gli imprevisti possibili, quali per esempio presenza di terze persone (che di solito ci sono sempre); bisogna anche cogliere l’occasione giusta per iniziare la manovra strategica.

“(…) I’m going down in flames, I’m falling in to this again (…) I’m falling down (…)”

E’ un verso della canzone che oggi mi è stata molto vicina… E’ come se stessi ritornando ad essere quella persona che ormai non sono più, mi sto chiudendo in me stessa visti gli insuccessi degli ultimi giorni… Sto gettando la spugna, e non ne capisco il motivo.

“Siamo in arrivo a Carpi”

Ecco siamo quasi arrivati, manca poco, fra qualche minuto scendo. Mi toccherà quindi concludere questo poema epico… Ed è appunto la cosa che farò in questo preciso istante.

mercoledì 26 novembre 2008

Innamorarsi...

Prendo in prestito il titolo di un libro di qualche anno fa... Ho voglia di te, ho voglia di innamorarmi! Voglio finalmente cambiare qualcosa nella mia vita. Voglio che quell'"uomo di peluche" diventi un essere umano! Voglio provare quella strana sensazione ogni volta che ti avvicini a me... Voglio sentir tremare il mio cuore quando nell'aria risuona il tuo nome. Voglio poter rifugiarmi nel tuo abbraccio.
Però non ti ho ancora trovato, non so ancora per quanto tempo ti dovrò aspettare...

Non ho paura di aspettare, non mi spaventa l'attesa, voglio solo trovarti! So che tu riuscirai a farmi provare tutte quelle emozioni che ormai ho dimenticato, che se ne sono andate via con quell'uomo che mi ha spezzato il cuore e ha fatto nascere in me la paura di essere ferita di nuovo! Sono due anni che combatto contro questa sensazione, sono due anni che sono io a ferire gli altri per paura che loro mi feriscano... Da troppo tempo vivevo nella paura! Adesso è il tempo di agire, perché so che da qualche parte mi aspetti, so che esisti, so che riuscirai a riportare la felicità, la serenità, la gioia nel mio cuore!

lunedì 24 novembre 2008

La neve che scalda il cuore...

Stamattina, appena sono uscita da casa, ho sentito un strano profumo nell'aria. All'inizio non riuscivo a capire cosa fosse, ormai ho dimenticato quella fragranza. Il giorno si svegliava piano, piano, mi allontanavo da casa, i miei occhi osservavano l'avvicinarsi dell'alba. Ero completamente immersa nei miei pensieri, mi trovavo in un mondo tutto mio, come sempre a quell'ora. Ad un certo punto un bagliore di luce mi ha riportato alla realtà, quando ho capito che quella strana luce era il riflesso dei raggi solari sulla coperta bianca che la madre natura ha abbandonato sui campi di grano ho sentito una felicità improvvisa, mi sono sentita molto, molto meglio. Fisicamente ero distrutta, ma la mia mente era come rinata, era come se avessi ritrovato la calma. Il freddo del mattino mantovano mi ha riportato indietro nel tempo, mi sono sentita nuovamente una bambina... Questa sensazione mi ha accompagnato per tutta la giornata di oggi e mi ha permesso di trascorrere una giornata particolare: mi sentivo sicura di me, sicura della persona che sono, sicura del mio vero valore. Non so spiegarmi il motivi di questa mia "trasformazione", so solo che mi ha reso molto felice; forse è tutto merito della neve, del freddo, dei ricordi che sono ritornati alla mia mente - non me lo so spiegare, non me lo voglio spiegare. Il destino mi ha permesso di passare un po' di tempo con un "angelo", e di osservarne più da vicino un altro, quindi non potevo assolutamente lamentarmi. Tutti gli avvenimenti di oggi, anche se erano puramente casuali, sembravano progettati nei minimi particolari dal fato: alcune situazioni, alcuni incontri... E poi gli sguardi, quel cercare l'altra persona nell'aula piena di studenti, quell'avvicinarsi di nascosto solo per sentire la vicinanza di un altro essere umano, erano in grado di provocarmi quella strana sensazione nel cuore. Era bello, troppo bello sentirsi così. Però la cosa più emozionante è che questa sensazione me la terrò stretta dentro di me, non mi abbandonerà (almeno per i prossimi giorni). Non posso lasciarla scappare, perché adesso finalmente ho ritrovato il coraggio di una volta: non voglio più essere quel pulcino smarrito in un campo di grano, voglio essere un aquila forte e coraggiosa... Voglio poter conoscere e farmi conoscere senza provare quella paura di essere rifiutato: le persone che in futuro mi volteranno le spalle, non meritavano di far parte della mia vita. Adesso sembra così ovvio: ci sono momenti in cui non mi riconosco per niente, l'università mi ha cambiata, sto ricominciando dall'inizio, sto conoscendo nuove persone, mi faccio conoscere dagli altri... L'unica cosa che sembra ancora ancorata al passato è la mia eccessiva timidezza nei confronti di coloro che in qualche modo suscitano il mio interesse. Da questo discorso nasce la nomenclatura: uomo X, uomo Y e uomo Z, che sto adottando per non far capire a nessuno dei tre che mi interessa. So perfettamente di sbagliare, perché se non faccio sapere in qualche modo almeno ad uno dei tre che mi interessa, loro come fanno a capirlo? Sono semplici uomini, non sono dei moderni Nostradamus, e non sanno nemmeno leggere nella mente di una donna... Però non so assolutamente come fare! In queste cose sono proprio imbranata!
Tornando al discorso del fato, quel giorno mi è sembrato proprio speciale, unico: era come se non fossi io, mi sembrava di guardare vivere un'altra ragazza dentro di me. Però quell'altra ragazza sono io, è una parte di me, una parte che per tanto, per troppo, tempo è rimasta nascosta sotto le macerie del mio essere, che adesso sembra si stia ricostruendo. E' da tanto che non passavo una giornata così: la neve, il freddo, l'odore dell'inverno da una parte, i raggi di sole che scaldavano il cuore dall'altra. Il mondo che mi circondava sembrava riflettere al contrario le mie emozioni, o ero io a riflettere le sue?

giovedì 13 novembre 2008

Riflessioni sul treno...


Di nuovo sul treno, di nuovo assalita dall’ansia. Di nuovo in viaggio, di nuovo con la testa piena di pensieri. Alcune volte guardando il mondo da una scatolina di sardine mi metto a riflettere sulla vita, sull’importanza o meno di eventi, persone, cose… Mi rendo conto che alla fine sono insignificante per l’insieme, ma nello stesso momento sono importante per i singoli. Sono cosciente del fatto che con questa affermazione non ho scoperto l’America, ma è difficile sentirsi solo un granello di sabbia in un infinito deserto.

Ultimamente, anche se sono circondata da tante persone mi sento sola e vulnerabile, è una solitudine che viene dall’interno, dal cuore. Non so spiegarmi il motivo, ma è questo che sento. Sicuramente qualcosa mi abbia influenzato, qualche evento abbia provocato in me questa sensazione. Allora perché non riesco a capire cosa sia? Come prima cosa potrei ricollegarmi al fatto di aver cambiato l’ambiente: non sono più una liceale, non faccio più parte di quella cerchia di persone che frequentano il liceo, adesso sono diventata un’universitaria. Però non ho tagliato i ponti con il passato, sono sempre in contatto con le persone che hanno fatto parte della mia vita in questi ultimi cinque anni. In più, subito dal primo giorno, ho conosciuto delle persone all’università che col tempo ho imparato ad apprezzare. E poi c’è la mia squadra. Anche se durante i primi allenamenti dopo il rientro dalla Polonia mi sentivo spaesata, persa, sembrava quasi che ognuna di loro ce l’avesse con me. Questa però era solo una sensazione, che anche in quanto tale mi ha fatto star male: mi sentivo esclusa dal gruppo, indifferente alle persone che ne facevano parte. Erano due settimane in cui stavo veramente male. In più, come l’aggravante di tutta questa situazione, vi erano dei problemi a casa: sono ritornati vecchi rancori, non ci si parlavano più, ci si ignorava a vicenda, e io, la figlia/sorella che è sempre disponibile, non si lamenta mai, fa le cose che le vengono chieste, ero in mezzo a questa situazione. Ad un certo punto non riuscivo più a sopportare tutta questa situazione, mi sentivo intrappolata, sentivo che tutti quelli che mi erano cari si fossero rivolti contro di me. Ogni parola detta male, ogni rimprovero fatto in buona fede per me era un’offesa, una mancanza di rispetto. All’epoca ero appena ritornata: mi mancavano i miei nonni, i miei parenti, i miei amici! Mi ero chiusa nel mio mondo e ho buttato la chiave della porta che ne garantiva l’accesso, mandavo vita tutti coloro che cercavano di avvicinarsi all’entrata. Ero diventata un’altra persona, ho messo una maschera, una maschera che non avevo mai messo prima, in più avevo paura di togliermela: preferivo essere una persona scontrosa, continuamente arrabbiata e vulnerabile. Anche se non sopportavo l’idea della nuova me, quando finalmente ho trovato il coraggio di richiuderla dentro di me per sempre, quando è venuta a mancare mi ero resa conto che mi manca, non la scontrosità, irascibilità, ma il fatto che nel suo piccolo era forte.

In più il fatto di qualche settimana fa, l’incontro sgradevole con un viaggiatore del treno che con il suo comportamento mi ha mancato di rispetto in quanto donna, mi rende ancora più vulnerabile. Prima non avevo paura di viaggiare in treno da sola, prima i viaggiatori non sembravano tutti dei potenziali “nonnetti pervertiti”. Quella persona ha innescato in me un meccanismo, quel fatidico aggeggio di continua paura, da quel momento provo ansia per ogni cosa, ho paura persino di uscire di casa da sola. L’altra sera sono andata a fare un giro e ho cominciato a vedere le cose che non erano vere: una donna (!) vista con i miei occhi è diventata un personaggio maschile di un film horror, sentivo continuamente dei passi, come se qualcuno mi stesse inseguendo. In più la nebbia presente quella sera, l’aria arancione che si veniva a formare grazie alle luci dei lampioni mi hanno fatto sentire un personaggio principale di un film. Era tutto così strano, mi giravo continuamente per assicurarmi che nessuno mi stesse seguendo, tremavo, ma non dal freddo, dalla paura. Prima questa cosa non mi era mai, e dico mai, successa. Adesso è cambiato tutto. Ogni tanto di notte non riesco ad addormentarmi, mi riaffiorano in mente i ricordi di quel giorno, mi assale la paura, non riesco a calmarmi. Altre volte mi sveglio in preda all’ansia, ma non riesco a comprendere il motivo di quest’ansia, perché come per incanto il sogno, l’incubo che ha provocato in me questa sensazione sparisce nel momento in cui apro gli occhi. Con tutta me stessa cerco di ricordarmi cosa fosse successo, ma la mia mente mi blocca l’accesso a questi ricordi.

Credo nel fatto che un giorno questa sensazione mi abbandonerà definitivamente, voglio che accada proprio questo! Non voglio per sempre provare timore nei confronti degli estranei. Di natura sono una persona timida, ma la paura in questo caso è diversa. Perché è la paura di farsi conoscere, paura di non essere accettato per la persona che sei, la paura di mostrare quello che provi agli altri. Nel mio caso alla timidezza si aggiunge anche il fatto di provare timore nei confronti delle persone che con conosco, perché non c’è nessuno che mi assicuri che queste siano diverse da quel viaggiatore incontrato sul treno. In più le parole non riescono a risolvere quel tipo di disagio, perché è un qualcosa che ti porti dentro, un qualcosa da cui non puoi scappare per quanto ci provi. In quel momento mi sono sentita un oggetto, veramente! Era come se lui mi usasse per provocarsi un piacere interiore, e non solo. Anche se sono scappata appena ho potuto, da quel momento in poi i viaggi in treno non sono più stati gli stessi, e credo che non lo saranno mai. L’aggravante di questa situazione era il fatto che dopo quel fatidico giorno continuavo ad incrociare quella persona in treno, ed a quel punto ritornava tutto: mi sentivo mancare l’aria, mi sentivo il cuore uscire dal mio torace; le gambe, le braccia, tutto il mio corpo tremava!

Un qualcosa di simile, mi è successo qualche anno prima in un parco comunale, ma allora ero in compagnia di altre tre ragazze, non ero più da sola, non dovevo più affrontare tutto questo da sola. In più potevo confrontarmi con loro, con quello che sentivano. Adesso, anche se ci provo faccio fatica a raccontare quello che è successo, mi mancano le parole per come mi sono sentita in quel momento, e se io stessa non sono capace di esprimere con le parole quell’accaduto, gli altri non riusciranno mai a capire quanto mi abbia fatto male: essere considerati un oggetto, il fatto che lui mi abbia mancato di rispetto, il disagio che ho provato in quel momento non potranno mai essere espressi in maniera adeguata, almeno finché mi sentirò ancora in “pericolo”.

martedì 21 ottobre 2008

Quel pazzo mercoledì...



E' successo tutto così in fretta... Sono scesa dal treno, ho preso in mano la mia valigia e ho cominciato a camminare. Lì, qualche metro più in là, c'era mio nonno che ci aspettava a braccia aperte; ci ha preso il bagaglio e ci ha detto che dobbiamo fare una bella passeggiata fino a casa. Non mi sono lamentata, ho aspettatto un'anno per percorrere nuovamente quella strada, me la volevo godere appieno... Dopo qualche minuto la pioggia ha deciso di darmi il benvenuto nella terra che mi ha visto crescere: assieme all'aumentare della pioggia diminuiva il desiderio di mettermi al riparo, non volevo perdermi nemmeno una goccia... Aspettavo da tanto questo momento: la pioggia, le nuvole scure, le persone che conosco da sempre, la strada che ho percorso almeno un miliardo di volte. In questo momento mi sono ritornati in mente tanti ricordi, tante storie... Non riuscivamo a non sorridere, mia sorella era così felice, io ero così felice. Dopo neanche mezz'ora siamo arrivate alla casa dei nonni, i miei nonni, i nonni che mi hanno cresciuto in qualche modo, che mi hanno insegnato molte cose, che mi hanno fatto da secondi genitori. Appena entrate la nonna ci è venuta incontro e ci ha abbracciate, subito dopo si è messa a preparare un bel tè con il miele vista la nostra condizione (eravamo bagnate fradice, ma quanto mi ero divertita). Stavamo tutti insieme a parlare, chiacchieravamo di scuola, dell'esame di maturità, dell'università, di quello che vogliamo fare: stavo proprio bene in quella casa, in quel posto che mi ha visto diventare la persona che sono adesso. Qualche minuto dopo è arrivato nostro padre, e purtroppo dovevamo andare via, ma prima mi ero già messa d'accordo con la nonna per il giorno dopo.
Appena arrivate a casa mi sono precipitata in camera mia, nella mia prima, vera camera. Mi sono sdraiata sul letto e mi sono messa a guardare il soffitto. In quel preciso istante mi è venuto in mente che ho promesso al mio migliore amico che passo appena arrivo. Allora sono dovuta aprire le porte della mia immaginazione ed uscire nella realtà. Nel momento preciso in cui l'ho visto mi sono salite le lacrime agli occhi, erano le lacrime di gioia. Io e il mio fratellone non ci vedevamo da più di un anno, e l'ultima volta che ci siamo visti non ci siamo lasciati bene, e quindi il modo in cui ci siamo salutati mi ha fatto capire che ormai si è dimenticato di tutto e che le cose sono ritornate allo status quo. Mentre parlavamo del più e del meno, e dopo che ho preparato un buon caffè per lo zio, ho notato sul calendario che quella precisa data segnava il compleanno della mia migliore amica. L'ho chiamata e ho saputo che si trova a meno di 15 km da me e visto che per la maggiorparte dell'anno abita in Irlanda quella distanza mi sembrava un niente. Sono corsa a casa e ho chiesto a mio padre di portarmi subito dalla mia amica, ovviamente mia sorella è voluta venire con me. In fin dei conti anche lei non la vedeva da tanto tempo.
Non vedevo l'ora di incontrarla dopo tanto tempo; ma anche se non ci vediamo spesso io so che posso contare su di lei, so che posso raccontarle tutto, so che lei riuscirà a comprendere e ad accettare ogni mia scelta. E' la persona che mi conosce di più, è completamente diversa da me ed è per questo che riesce a capirmi così bene... Quando dopo tanto tempo ci siamo finalmente incontrate, a neanche 5 metri l'una dall'altra abbiamo cominciato ad urlare ed a saltare di gioia, ci tenevamo strette strette, non volevamo mollare l'abbraccio. Eravamo entrambe così contente di questo incontro che non riuscivamo a contenere la nostra gioia. Appena entrate nel locale lei mi ha fatto conoscere la sua compagna, la quale mi è subito sembrata una ragazza molto simpatica, ma soprattutto si vedeva che era molto innamorata; questo fatto mi ha assicurato molto, non vorrei mai che qualcuno facesse soffrire la mia migliore amica. Quando mi sono guardata intorno per vedere chi fossero gli altri invitati ho notato il volto di una persona che era molto vicina al mio cuore quando andavo a scuola in Polonia. All'inizio non credevo potesse essere lui, anche perché qualche giorno prima mi ha riassicurato che non sarebbe venuto; per essere sicura che fosse lui mi sono presentata. Lui, sicuro del fatto che fosse uno scherzo, mi ha stretto la mano e ha pronunciato il suo nome ed a questo punto ero sicura del fatto che fosse quel bellissimo ragazzo che mi ha rapito il cuore al ginnasio. Da quel momento in poi mi sono dovuta sdoppiare: una parte di me desiderava parlare con la mia migliore amica che non vedo da tanto, tanto tempo, l'altra parte voleva conoscere un po' di più quel misterioso ragazzo che da un anno a questa parte conosco solo via internet (le persone cambiano, lui non è più quel ragazzo che conoscevo a tredici anni). Alla fine la maggior parte del mio tempo ho trascorso con la festeggiata a chiacchierare: lei mi raccontava del lavoro, di quanto è felice, io le parlavo della mia famiglia, della scuola e delle persone che sono molto importanti per me. Mi ascoltava attentamente, era come rapita da ogni mia parola, non si voleva perdere nulla, la stessa cosa ovviamente valeva per me. Ero troppo felice quella sera, ho visto tante persone alle quali voglio bene. Mi sentivo sopraffatta dalle emozioni, ma vicino a me c'erano quelli che mi fanno sentire amata... Quel pazzo mercoledì (17.09.2008), una giornata piena di emozioni, di sensazioni, di battiti accelerati del cuore.
Mi sono proprio divertita: quella giornata mi ha fatto capire che rivedere, anche per qualche ora, le persone che ami, ti aiuta ad andare avanti. Ed è appunto questo che voglio fare io: andare avanti con la forza e il coraggio di una persona che conosce il proprio valore e sa di essere amata dalla persone per lei importanti!

martedì 7 ottobre 2008

Ritornando...



"Le tue labbra sulle mie, le labbra
bagnate dalle lacrime degli angeli
in quella fredda notte d'estate,
scolpirono un sorriso si speranza
sul mio volto stanco di sofferenza...

Il sole nasconde il viso all'orizzonte
il ricordo di quella notte mi travolge;
le immagini ritornano alla mente confusa.
Ti vorrei qui, accanto a me sorridente,
per un ultimo bacio, per un addio."

Quel 7 ottobre 2008, mentre ritornavo a casa mi è tornata in mente quella notte, quella notte magica che mi ha completamente rapito: mi sono presa tra tante stelle luminose, tra le gocce della prima pioggia dell'autunno... Ho provato delle sensazioni meravigliose: il sentirsi sul viso ogni singola goccia di pioggia mi faceva sorridere, sembravo una bambina che assisteva per la prima volta ad un evento naturale. Era come se dopo una lunga estate, dopo l'autunno, dopo mesi e mesi di attesa mi ritrovassi davanti la neve... Non riesco a spiegare perché mi sono sentita così, ma sicuramente non era merito di chi mi stava accompagnando in quel momento. Lui mi faceva sentire sicura, quella sicurezza mi ha permesso di godere appieno delle meraviglie della notte. Quella notte che mi ha fatto sentire la vita scorrere nelle vene: la paura, l'adrenalina, le sue braccia che davano il conforto, le sue mani che scaldavano il cuore, le labbra che facevano ardere l'animo. Ero felice; quelle poche ore trascorse a camminare sotto la pioggia, a sostare sotto un vecchio portico, a stringere la mano, la calda mano di un'altra persona.
Mi mancavano quelle emozioni. Mancavano perché volevo sentirmi di nuovo desiderata. Si, può sembrare ridicolo, ma solo durante quelle poche ore di una semplice notte d'autunno, vedevo negli occhi dell'altra persona, nei suoi gesti, ciò che volevo. Le sue parole mi rendevano felice, i suoi gesti mi facevano sentire sicura.
Una semplice serata trascorsa con un amico, un momento confortante, un attimo fuggente, ma indimenticabile, una serata che sicuramente non avrà seguito, anche perché quelle emozioni (almeno da parte mia) non potranno più ricrearsi, ritornare, ma che sicuramente faranno parte dei miei pensieri... Piano piano, col cadere della pioggia scivolarono dal mio corpo e ritornarono alla madre natura lasciandomi solamente un loro ricordo. Una serata emozionante, una notte piena di sensazioni, il buoi caldo nella sua freddezza; le stelle, gloriose lottatrici, brillarono anche se coperte da un velo delle nuvole, la luna riuscì a coinvolgere il mio animo da molto privo di qualsiasi sensazione. In quel attimo sono come rinata, ritornata in me, ero felice, ero VIVA!

giovedì 2 ottobre 2008

Una grossa delusione...


E' da tutta l'estate che aspetto questo momento! Era quella la cosa che mi mancava di più quando sono andata via! L'odore dell'erba fresca, l'emozione dell'adrenalina, la fatica, la grinta, il desiderio di dare il sostegno alla compagna che si trova in difficoltà, la voglia di andare in meta... Dovrò ancora aspettare! Dovrò aspettare e non so quanto! Ed è proprio questa cosa che mi fa arrabbiare di più!
Perché mai nella vita tutto può andare per il meglio? Perché? C'è sempre almeno una cosa che va storta, almeno una; però, in questo caso, perché è una di quelle che mi fanno star male?! Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sono colpevole io di quello che succede? Che ho fatto io!? La mia posizione è semplice: voglio solo giocare, giocare una partita vera e propria, voglio sentire in ogni muscolo del mio corpo la fatica di un passaggio, della corsa, del placcaggio. Non mi interessa nient'altro! Si, va bene, si gioca anche in allenamento, ma non è la stessa cosa! Non lo è affatto: l'emozione è diversa, la grinta, la forza sono dosate in modo differente. Solo una partita ti fa provare quella strana sensazione nella pancia, solo durante una partita riesci a combattere tutte le tue paure, solo in quel preciso momento io mi sento in pace con me stessa: do tutto quello che ho da dare, cerco di non rinunciare mai al gioco...

Non posso giocare...

Se fosse stato per un motivo fisico, l'avrei capito, ma qua si tratta di burocrazia pura e semplice! Questo mi impedisce di dare il meglio di me, di sostenere la squadra, le mie compagne di campo.

Sono diventata una cheerleader...

Me ne starò zitta zitta al bordo campo a guardare. Questo mi fa star male, ma dico veramente... Non capisco perché al solo pensiero di non poter entrare in campo con le ragazze le lacrima cominciano a scendere piano piano sulle mie guance. E' una sensazione di frustrazione, è insopportabile! Magari non dovrei nemmeno andarci a vederle, non voglio star male, come stavo l'anno scorso.
Si, va bene, in questo anno sono cambiata, ma se questo cambiamento non è abbastanza per affrontare di nuovo quella situazione che mi ha fatto soffrire così tanto in passato?

Ci sono troppe domande che non hanno una risposta... Come sempre nella vita.

lunedì 29 settembre 2008

Il primo giorno...


Il primo giorno di università, le prime lezioni universitarie, i nuovi professori, i nuovi compagni (non più di classe!) di corso... All'inizio mi sentivo spaesata, persa nel nuovo mondo: non conoscevo nessuno, avevo paura di parlare, di chiedere informazioni, ma non riuscivo a spiegarmene il motivo. Al mattino mi sono persino persa nell'edificio principale dell'università, sono entrata nell'aula sbagliata per la mia prima lezione, ho confuso i corsi. Tutto accadeva come al rallentatore, sembrava di vivere dentro la pellicola, il motore ogni tanto si fermava completamente su un'immagine e come incantato cercava di inciderla per sempre nella superficie della pellicola stessa. La confusione, quella bellissima confusione, che si è venuta a creare grazie all'ondata delle matricole mi ha fatto capire per la prima volta che il liceo è finito, che ormai il mio mondo è cambiato, che oggi comincia una nuova avventura. Non trovo le parole per descrivere la giornata che segna l'incoronazione del mio sogno di sempre, non riesco ad esprimermi in modo lineare e facilmente comprensibile perché in questo momento nella mia testa, nel mio cuore le emozioni si combattono a vicenda, le une risultano in lotta con le altre. La giornata dell'inizio, il mattino della realizzazione di un sogno... Non riesco a crederci che sono arrivata fin qui, non credevo fosse possibile! E adesso mi ritrovo qua, scrivo della mia prima esperienza universitaria incredula del fatto che il mio cammino è arrivato alla tappa principale; ho raggiunto quel gradino che fin dalle elementari era il mio obiettivo. C'è tanta confusione nella mia testa, vedo scorrere davanti agli occhi immagini di questa bellissima giornata, vedo dei luoghi nuovi, delle facce nuove... Continuo a non credere a quello che vedo ed a quello che sento dentro di me rivedendo queste immagini.

Mentre tornavo a casa in treno mi sono messa a pensare, a riflettere sull'"importanza" di questo giorno: mi sono tornati in mente il primo giorno di asilo, il primo giorno delle elementari, del ginnasio, delle medie, del liceo e ho provato una strana emozione, ad un tratto mi sono sentita diversa, ero cambiata... E' bello cambiare, modificare la propria persona, le abitudini, l'ambiente, ne sono proprio contenta. Però dentro di me ci sarà sempre quella piccola bambina che sognava di progettare la casa dei sogni per le sue bambole, ci sarà quella ragazzina che si divertiva modificando i progetti della casa, ci sarà quella ragazza che con le lacrime agli occhi ha accolto l'esito positivo dell'esame di ammissione. Questi sono momenti essenziali della vita di una persona, momenti indimenticabili - momenti come la prima lezione all'università.

mercoledì 17 settembre 2008

Viaggiando sull'altalena...


Sono state due settimane piene di emozioni. Piene di sogni infranti, piene di dolore, ma scavalcate dalla gioia, dalla realizzazione del sogno più importante della mia vita. Prima ho provato tanta rabbia, ho provato la delusione, mi sentivo continuamente sotto stress, non sapevo cosa mi stava accadendo. Qualche giorno dopo sono stata invasa dalle emozioni opposte: provavo gioia, soddisfazione, ero semplicemente felice.

Tutto questo, la mie montagne russe, sono state provocate da un evento, da un solo momento della mia vita, da quell’attimo in cui mi sono seduta in quell’aula universitaria e ho preso in mano la penna. In quel preciso istante di una settimana fa ho dovuto sostenere un test di ammissione affinché l’università, il mondo universitario potessero diventare parte della mia vita. Appena entrata nell’edificio mi sono sentita sopraffatta dall’emozione, ho provato paura, paura di non poter realizzare il mio sogno! Però in qualche modo ho trovato la forza, mi sono guardata dentro, come faccio prima di ogni partita, e mi sono detta che non posso provare timore di fronte ad un evento che sognavo da bambina, perché la paura potrebbe paralizzarmi completamente, potrebbe persino compromettere il mio futuro! In quell’aula, piena di studenti con i sogni molto simili ai miei, mi sentivo a mio agio, stavo bene, ero serena. Questo mi ha permesso di sostenere la prova, una delle più importanti di quest’anno. I risultati sarebbero arrivati la settimana successiva, quindi decisi di non preoccuparmi fino a quel momento, volevo sentirmi felice, volevo vivere tranquillamente questo periodo in vista della mia partenza. Tutte queste considerazioni mi portarono a prendere una stravagante decisione: mi volevo scrollare di dosso tutto questo stress post-test, allora convinsi mia sorella e mia madre di farci due passi per poter ammirare il magnifico Duomo di Milano. In questa mia idea non ho considerato il fattore distanza. Pensavo che non avremmo dovuto camminare tantissimo. Mi sbagliavo. Abbiamo fatto circa 5 km di passeggiata, una bellissima passeggiata tra gli edifici vecchi e nuovi di Milano: è stata un’esperienza bellissima, almeno per me. Per quanto riguarda le mie compagne di viaggio… Beh, che dire, erano sopraffatte da tutta questa fatica, al ritorno a malapena si reggevano in piedi. Mi è dispiaciuto tanto perché loro mi hanno aspettato tutto questo tempo, stavano in giro mentre io facevo l’esame, mi sono state vicine ed io, come ringraziamento, le ho portate in giro per la capitale della moda solo per vedere un edificio!

Qualche giorno prima della pubblicazione delle graduatorie ho deciso di controllare il mio risultato, quando ho visto quelle tre cifre mi ha preso il panico! Mi dicevo che con un punteggio del genere non sarei entrata da nessuna parte e che il sogno di una vita non si sarebbe avverato! Ero delusa di me stessa, arrabbiata con quella parte di me che era responsabile per la riuscita di questa prova. Stavo male, stavo proprio male. Non volevo parlare con nessuno, non volevo scherzare, volevo solamente mettermi a letto e piangere! Mi dicevo dentro che non sono degna di poter essere ammessa visto il risultato della prova. Ero furiosa con me, ma me la prendevo con tutti! Non riuscivo ad accettare questa notizia. Non appena le lacrime cominciarono a scendere dal mio viso, mi sono detta che non ne vale la pena, che non devo piangere sul latte versato, perché questo non cambierà un bel niente. Mi dicevo che adesso devo guardare avanti, che devo smetterla di piangermi addosso, ormai sono una persona adulta, e le persone adulte riescono sempre a trovare un modo per cambiare la situazione! Tutto il week end mi sentivo spaesata: una parte di me si era totalmente arresa, non credeva più possibile poter trovare il suo nome tra i primi ottanta nomi della lista; l’altra invece era piena di speranza, le graduatorie non erano ancora state pubblicate, quindi il destino non ha ancora scritto quella pagina della sua vita. Nella mia testa di facevano sentire contemporaneamente due voci: la “nuova” ottimista e quella “vecchia” pessimista. Non riuscivo a decidere quale delle due ascoltare, ero molto confusa… Il lunedì, il giorno dei risultati, il gran giorno che avrebbe potuto cambiare la mia vita, appena sveglia non avevo nessunissima voglia di conoscere il verdetto, forse perché la mia parte ottimista temeva il peggio o forse perché la mia parte pessimista continuava a non credere che le cose potrebbero andar bene. Il cellulare è rimasto spento per tutto il week end e non avevo voglia di riaccenderlo, il PC se ne stava da solo, abbandonato in un angolino. Non volevo accendere ne l’uno ne l’altro, semplicemente avevo paura della possibile conferma delle brutte notizie, ma allo stesso tempo avevo paura della smentita di quel risultato negativo. Ero confusa! Ad un certo punto, non so per quale motivo, ho preso il mano il PC, l’ho posato sul tavolo, ho premuto il pulsante, ho introdotto la password, mi sono collegata all’internet e ho provato ad accedere alla pagina del Politecnico. In quel momento ho capito che molte persone avevano fatto le stesse cose, perché il portale sembrava sovraccarico, non si riusciva ad accedere a nessuna delle pagine e soprattutto a quella dove si trovavano le graduatorie. Dopo qualche tentativo, dopo mezz’ora ho potuto finalmente conoscere il mio risultato… Per prima cosa ho aperto la pagina dove si trovavano i nomi e le facoltà, scorrendo fino alla “D” ho trovato il mio nome. In seguito i miei occhi si spostavano solo orizzontalmente. In successione ho rivisto il mio punteggio, ho scoperto di non aver nessun OFA e alla fine della riga mi è apparso s’avanti agli occhi: ARCHITETTURA E PRODUZIONE EDILIZIA. Non riuscivo a crederci, ero in trance, le lacrime, tutte quelle che tenevo in me in questi giorni, cominciarono a scendere sulle mie guance, però questa volta non erano delle lacrime di dolore, ma delle lacrime di gioia, di felicità! A questo punto ho deciso persino di accendere il cellulare: lì ho trovato ben due messaggi di congratulazioni! Queste bellissime persone che si sono ricordate di me conoscevano il risultato molto prima, e per dirla tutta, non me lo aspettavo affatto. Ho versato tante lacrime di felicità, ho provato una gioia immensa, mi sono sentita benissimo! Non mi sentivo così da molto: il mio sogno si è avverato! Sono entrata all’università, posso frequentare la facoltà che ho sempre sognato! Però quel 15 settembre segna anche il giorno di un nuovo inizio, di un cambiamento radicale delle abitudini, della vita stessa! Adesso cambierà tutto, soprattutto IO, perché l’essere ammessi alla facoltà dei propri sogni non segna la fine di un percorso, ma inizio di uno nuovo, di un percorso più impegnativo: non siamo più alle superiori, qui si tratta dell’università!

Il giorno dopo, cioè il 16 settembre 2008, non rendendomene conto mi sono trovata su un aereo per la mia bellissima Polonia! L’esperienza peggiore di tutto questo era la procedura dell’imbarco, tuti questi controlli mi hanno fatto impazzire: mi sono dovuta togliere persino le scarpe! Però nulla, assolutamente nulla potrebbe essere paragonato al decollo! E’ l’esperienza più brutta che io abbia mai fatto!!! Però mi tocca rifarla fra pochi giorni! Questo è stato il mio primo volo in assoluto e devo dire che sono state due ore peggiori della mia vita!!! Non riuscivo a rilassarmi, a concentrarmi nemmeno sulla lettura di un giornale, ogni turbolenza mi faceva diventare matta, ma ne valeva la pena! Dopo più di un anno ho potuto respirare l’aria della mia meravigliosa Polonia, è un qualcosa che non potrebbe essere descritto, è semplicemente troppo bello! Mi è stato possibile rivedere delle persone che non vedevo da tantissimo, in più ho potuto conoscere una nuova piccola persona. Una mia cugina che conoscevo solo dalle foto, è una bambina molto dolce e molto vivace: mi ricorda mia sorella quando aveva la sua età. E’ stato molto divertente quel mio brevissimo soggiorno a Varsavia, anche se ci era possibile vederci per così poco tempo ci siamo divertiti.

Adesso mi trovo su un treno da qualche parte della Polonia: sto andando a casa, sto andando a rivedere i miei nonni, i miei amici, le persone alle quali voglio bene! E’ una sensazione bellissima, e non mi toglie l’entusiasmo neanche il fatto di dover viaggiare in treno per ben nove ore.

lunedì 25 agosto 2008

I ricordi appassiti...

I fiori sono come i ricordi, col tempo perdono il colore, perdono la loro vitalità, perdono persino quella loro caratteristica inspiegabile di far brillare gli occhi di una persona solo con la loro presenza. Questa sera sfogliando un vecchio libro ho notato che nascondeva un inquilino: un fiore appassito, una rosa che qualcuno mi ha regalato qualche tempo fa. Non ho resistito alla sensazione di mettermi a desegnare. Stranamente le linee che cominciavano a comporre il mio disegno ricordavano molto quella rosa che ho appena ristrovato. Questo fiore mi ha fatto pensare ai miei ricordi, alle mie esperienze, alla vita che ho già vissuto... Me la proiettavo davanti agli occhi mentre disegnavo: ogni riga, ogni sfumatura è un ricordo, un pezzo di me.
Il disegno, questo disegno è una rappresentazione di tutti momenti più importanti della mia vita e devo dire in tutta sincerità che non è così male...
I ricordi sono come i fiori appassiti in mezzo a due pagine di un bel libro, anche se rimangono nascosti per anni, anche se perdono il loro aspetto originale, anche se cambiano forma, si appiattiscono, in fin dei conti sono sempre delle rappresentazioni di qualcosa che è veramente successo, di qualcosa che ci ha fatto provare emozioni, di qualcosa che ha cambiato la persona che eravamo e quel qualcosa ci ha permesso di essere quelli che siamo, di essere noi stessi in ogni momento.
Sono proprio contenta di aver aperto quel libro, di aver scoperto il suo inquilino... Il fiore stesso non mi porta a rivivere una bella storia, ma quella è sempre parte di me, è quella che mi ha permesso di essere la persona che sono adesso. Quindi non importa come sia la storia che portano con se i ricordi, la cosa importante è come ci abbiano cambiato.

domenica 27 luglio 2008

People always leave...


People always leave... Tre parole che raccontano la verità più antica del mondo. Crescendo ci rendiamo conto che le persone che ci hanno accompagnato nei primi anni della nostra vita ci abbandoneranno, non saranno più presenti nei momenti importanti della nostra vita. Dobbiamo solo farci forza, dobbiamo andare avanti senza coloro che per tutta la vita ritenevamo amici. Loro se ne andranno via perché è così che vanno le cose in questo mondo, perché con gli anni si acquisiscono sempre più responsabilità e queste consumano quel tempo che prima si dedicava agli amici...

Per me, però, la cosa più difficile è vivere senza le persone che non ci sono più, senza coloro che non ho conosciuto bene, ma che sono stati una parte importante della mia infanzia. Sono scomparsi precocemente, se ne sono andati e non mi hanno permesso di scoprire come sarebbe stata la mia vita con loro affianco a me. Ogni tanto ci ripenso a cosa sarebbe successo se il destino non me li avrebbe portati via. Erano delle persone importanti per i miei genitori ed è per quello che sin dai primi anni della mia vita ne hanno fatto parte. E' strano, ma anche se non li ho conosciuti bene, ero troppo piccola per poterlo fare, nei momenti importanti della mia vita avrei voluto averli al mio fianco. So che mi volevano bene, mi porto dentro il loro affetto, però ormai non posso dimostrar loro quanto ci tengo, quanto li vorrei qua, vicino a me. Se ne sono andati troppo in fretta, troppo presto, hanno abbandonato le loro famiglie, hanno abbandonato me; so che sembra proprio da egoisti, ma ogni tanto nella vita bisogna esserlo, ed io lo sono in questo momento. Loro mi mancano: mi manca il loro affetto, il loro consiglio, gli abbracci che riuscirebbero a farmi sorridere nei momenti difficili. Spesso ci penso, ultimamente troppo spesso, forse perché sta per finire un'importante periodo della mia vita, forse perché mi sento persa, confusa, ma soprattutto mi sento sola, abbandonata dalle persone che credevo amiche. Quelle persone che mi conoscono da tutta la vita, che mi hanno saputo conoscere, che hanno voluto sapere chi fossi veramente. Mi stanno abbandonando, mi stanno lasciando perdere, ormai loro hanno le proprie vite dove non c'è posto per un'amica dell'infanzia, ormai non vogliono più niente da me, sono diventata inutile per loro. Si, lo so che i veri amici non si comportano così, ma tendo spesso a giustificare le azioni degli altri, mi dico che forse non hanno tempo o hanno altre preoccupazioni o non vogliono farsi sentire per paura di essere respinti da me, però con questo atteggiamento sarò io a soffrire, ad interrogarmi sui perché della fine dell'amicizia. Forse non è finita, forse stiamo attraversando un brutto periodo... Che ne so io, cosa ne posso sapere!? Tutte quelle incertezze mi feriscono. Sono stanca di star male a caua delle altre persone, ho la mia vita, ho i miei sogni, devo imparare a lasciar perdere: non posso salvare tutte le persone di questo mondo!
Ho la mia vita! I miei sogni! Devo imparare a lasciar perdere! Però questo vuol dire rinunciare ad una parte importante del mio carattere, del mio essere. Non voglio cambiare, voglio rimanere me stessa... Forse sto crescendo e questo processo richiede un importante cambiamento, forse è quello di cui ho bisogno adesso.

In questo momento vorrei essere da un'altra parte, con le persone che non possono non volermi bene, con coloro che hanno il mio "stesso" sangue... Dicono che la famiglia non si sceglie, ma io non avrei potuto scegliere di meglio, ci divertivamo troppo insieme. Siamo legati da un bellissimo passato e anche se ci vediamo di rado alla fine ci vogliamo proprio bene. Loro mi mancano, mi manca il tempo che passavamo insieme... Che brutto sentimento la nostalgia!

giovedì 24 luglio 2008

Dimenticare...


"Perché è così difficile dimenticarti, eh? Perché non ci riesco? Cosa c'è che non va?
Non posso continuamente pensare a te! Non posso ingelosirmi ogni volta che vengo a sapere qualcosa su di te! Cosa mi succede!? Non sono innamorata... Sono ossessionata da te!
Mi devo assolutamente togliere dalla testa ogni tuo ricordo! Così non penserò a te ogni attimo della giornata... Mi sono stancata, veramente stancata! Non sei mica l'unico uomo al mondo... C'è ne sono tanti altri, altri che sono degni dei miei sentimenti. Però soprattutto non sono te!"
Queste parole le o scritte qualche settimana fa, nella prima settimana di luglio, ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicare... Come mai? Magari avevo paura... Adesso mi è passata, mi è proprio passata! No, spero che mi sia passata. Qualche volta qualcuno nella mia testa mi pone una domanda: "Ne valeva la pena di star male per uno così?"; ed ogni volta rispondo nello stesso modo: "No, certo che no!". Però questa domanda continua a ripresentarsi, e mi chiedo come mai. Forse perché mi sento ancora ferita... Dovrei lasciarmi alle spalle quella storia, ma in qualche modo tendo a tenermela dentro, a conservarla: in questo modo continua a ferirmi ogni volta che ci ripenso, ogni volta! Vorrei finalmente dimenticare, lasciar andare ogni ricordo perché non ne vale la pena, lui noi se lo merita!!!
Dovrei staccare la spina per qualche giorno, dovrei andare via, allontanarmi completamente dal mondo in cui fino ad ora ero imprigionata. Beh, non ero proprio imprigionata, ma mi sono creata una "forma", un cortometraggio, una pubblicità: non cambia anche se cambiano i giorni in cui la si proietta. L'unica cosa che cambia sono le emozioni che essa provoca ed è per quello che qualche volta riesco a far diventare negative quelle emozioni, riesco a farmi odiare dagli altri. Adesso è arrivato il tempo di ampliare la scelta: per questo vorrei, o meglio, dovrei cambiare aria. Non posso più rimanere così, non voglio più essere quella persona, non voglio più vivere nutrendomi di ricordi! L'ho fatto per ultimi anni, ho smesso per qualche mese quest'anno, ma quando mi sono sentita male, quando qualcuno mi ha ferita non ho potuto non riprender nuovamente quella strada... E' come un cerchio perfetto, non ha ne inizio ne fine, ritorna sempre sui suoi passi, ripercorre nuovamente le vecchie vie, ma nello stesso modo impara dai propri errori, cerca di non commettere più gli stessi sbagli. Però molto spesso ricade nelle stesse trappole, nelle insidie formate dal proprio inconscio: è proprio questo il mio caso. Anche se cerco di non ricadere più negli stessi errori, qualche volta mi sento come qualche anno fa, mi rifugio nei ricordi, nel passato per sfuggire al futuro, alla contemporaneità! L'ho fatto anche adesso... Però mi sono dimenticata del dolore che portano con sé i ricordi che vorresti cancellare, me li sono tirati addosso senza rendermene conto. E adesso mi ritrovo con quei flash che, anche se ogni giorno diventano più deboli, riescono solo a ferirmi... Lui deve sparire dalla mia testa, dalla mia memoria, dalla mia VITA!
Io ho bisogno di dimenticare... No... Non di dimenticare, ma di smettere di sentirmi ferita per un qualcosa che non avrebbe funzionato comunque! Odio quella sensazione, odio come mi fa sentire, cosa mi fa provare. Quindi devo smettere di pensarci, perché questo non ha senso, perché ho ancora tanti bei ricordi davanti a me, tante situazioni che mi faranno sentire bene ogni volta che ci ripenserò.

venerdì 18 luglio 2008

L'amore...


Cosa vuol dire innamorarsi? Vuol dire perdere la testa per l'altra persona? Vuol dire abbandonarsi completamente a quell'altro essere umano? Oppure vuol dire sentirsi liberi di esprimere se stessi, vivere la propria vita in modo più intenso possibile? Dicono che l'amore sia il sentimento più bello, più intenso, quel qualcosa di indimenticabile... Però come riconoscere l'amore, come venire a sapere di essere stato innamorato? Come riconoscere se quel sentimento che si provava in passato per una persona possa essere chiamato l'amore? Ci sono tante domande, ma nessuna risposta certa... Vorrei sapere se quel sentimento che viveva in me anni fa era il sentimento del vero amore, vorrei poterlo "classificare". Però non so, proprio non so come definirlo... Ero mai stata innamorata? Lo ero veramente o credevo di esserlo? Il dolore era quello del cuore spezzato o quello dell'orgoglio ferito?
Quella storia non mi dà pace, non riesco a capire se l'ho amato e ho sofferto con il cuore spezzato quando mi ha lasciato o se non l'ho amato affatto e mi sono sentita ferita quando ha detto che questa storia non poteva più continuare. Che confusione... Era l'unico ragazzo che sentivo mio, l'unico che mi ha fatto sentire amata, l'unico che mi ha lasciato in quel modo. Non sono in grado di dimenticare quella sera, quell'attimo in cui mi ha detto che non ha senso continuare, che non vuole continuare. Provava ancora qualcosa per me, non lo nascondeva, lo esprimeva non solo con le parole, ma anche con i gesti. Non puoi accarezzarmi il viso, sussurrare dolci parole, diventare geloso quando mi vedi con un amico se non provi più niente per me. I ricordi non possono essere cambiati, ma le ferite guariscono, la vita va avanti... Però le questioni irrisolte, le domande alle quali non si è mai ottenuto una risposta alla fine tormentano, ritornano nei giorni bui. Sarebbe bello poter ricevere quelle risposte, ma come? Se sono nascoste dentro di noi, dentro al cuore, sembra quasi impossibile conoscerle. Forse quando mi innamorerò veramente farò chiarezza nel mio cuore, forse riuscirò a dimenticare quella serata, il come mi ero sentita. Gli ho aperto il mio cuore, gli ho quasi confessato i miei sentimenti e lui, prima ha preferito ignorarmi, poi non ne voleva parlare, infine mi ha respinto, mi ha abbandonato davanti a casa mia con le lacrime agli occhi. Pensavo che quella sarebbe stata la serata più bella, più significativa della mia vita, invece mi è rimasto un ricordo doloroso, deludente.
Non posso farci niente, qualche volta mi ritornano in mente questi momenti. Stanotte persino li ho rivissuti mentre mi rifugiavo nel paese di Morfeo. E' proprio per questo che mi ero posta tante domande, è questo il motivo che mi ha portato a scrivere queste righe.

martedì 15 luglio 2008

Love kills...


Love don't give no compensation
Love don't pay no bills
Love don't give no indication
Love just won't stand still


Love kills - drills you through your heart
Love kills - scars you from the start
It's just a living pastime
Ruining your heart line
Stays for a lifetime won't let you go
Cause love (love) love (love) love won't leave you alone

Love won't take no reservations
Love is no square deal
Hey love don't give no justification
It strikes like cold steel

Love kills - drills you through your heart
Love kills - scars you from the start
It's just a living pastime
Burning your lifeline
Gives you as hard time won't let you go
Cause love (love) love (love) love won't leave you alone

Hey love can play with your emotions
Open invitation to your heart
Hey love kills
Play with your emotions
Open invitation to your heart to your heart
Love kills love kills
Hey hey

Love kills (love kills)
Love kills (kills kills kills)

Love can play with your emotions
Open invitation

Love kills - hey - drills you through your heart
Love kills - scars you from the start
It's just a living pastime
Ruining your heart line
Won't let you go

Love kills - hey - drills you through your heart
Love kills - tears you right apart
It won't let go it won't let go

Love kills - yeah

Bella canzone... Quanta verità si nasconde dietro a queste semplici parole, è impressionante! La ascoltava da piccola, ma notavo solo la melodia, il ritmo, la voce del cantante. A quell'epoca le parole non erano importanti, non erano in grado di farmi vivere un certo tipo di emozioni, le parole erano solo un'altra melodia della canzone. Non erano dei concetti, delle frasi di senso compiuto, e neppure suoni capaci di trasformare i sentimenti in semplici lacrime. Ormai questa canzone è una parte importante della mia vita, nei momenti difficili mi aiuta a non pensare; mi faccio rapire dalle sue parole, dalla musica, da quelle poche note e dimentico tutto quello che mi si trova vicino. E' una bellissima sensazione potersi staccare dal mondo per qualche minuto, per quei pochi attimi che ci fanno riflettere sulla nostra vita, sulla bellezza dei sentimenti e sulla crudeltà delle persone. Quando la ascolto dimentico coloro che mi hanno ferito, coloro che preferiscono sparire dalla mia vita, ma soprattutto coloro che mi hanno fatto soffrire, almeno per un secondo... Per quei pochi attimi mi sento libera, mi sento proprio bene, in pace con me stessa: finiscono tutti i miei conflitti interni, il cuore e la mente riescono finalmente a convivere in armonia.

lunedì 14 luglio 2008

Non è un addio...


C'è un detto che in questi anni mi è stato molto vicino: "E' meglio dare il benvenuto sapendo che fra poco ci si dovrà dire addio, che dire addio non sapendo quando sarà possibile rincontrarsi." Ormai l'ho sentito ripetere tante di quelle volte durante tutti i viaggi che ho fatto nella mia terra d'origine che è come un semplice "ciao" per me. Domani, anzi questa mattina visto che è già passata la mezzanotte, dovrò ripetere per l'ennesima volta questa frase alla mia sorellina. Parte... Parte da sola per cominciare una nuova vita, la sua vita. Ecco che le lacrime cominciano ad invadere i miei occhi, le mani tremano, faccio fatica a scrivere perché gli "strumenti" più importanti per questo esercizio non funzionano bene. Però in qualche modo devo esprimere tutto quello che mi sento dentro, devo buttare fuori tutte quelle emozioni che da un po' di tempo mi fanno star male.
E' strano... Sono contenta che comincia una sua vita, che ha il coraggio di affrontare da sola la vita di tutti i giorni, che non teme la solitudine, però allo stesso tempo mi preoccupo per lei. E' la mia piccola sorellina, è la persona più importante per me, è la mia piccola stella, è l'unica persona che riesce a farmi ridere senza nemmeno parlare, è la ragazza che partendo domani si porterà via una parte di me, una parte del mio cuore... Mi manca già adesso, mi manca anche se si trova a pochi passi da me, anche se sono ancora in grado di abbracciarla.
E' brutto dover dire "addio" o "arrivederci" ad una persona alla quale si tiene moltissimo... Come faccio?! Adesso non riesco a trattenere le lacrime... Devo farmi forza, lei non può accorgersi che la sua partenza mi faccia star male, perché in questo modo sarà ancora più dura per lei staccarsi da me. Non voglio che questo accada, lei deve partire con la totale serenità possibile, anche perché non ha mai affrontato un viaggio così lungo tutto da sola... Appena arrivata a casa so che starà bene, circondata dagli amici, dalla famiglia, non potrà che sentirsi a suo aggio.
Forse non subito, ma col tempo si dimenticherà di me... Comincerà ad ignorare i miei sentimenti, ma va benissimo così: da questo momento io ho la mia e lei ha la sua vita. E' giusto così. In questi giorni mi sento come una madre che deve salutare il figlio, che lo deve lasciare libero, lui deve spiccare il volo, deve cominciare la sua vita. Sono proprio patetica...
Lo so che non è un "addio" definitivo, ci vedremo, ci sentiremo, verrò a trovarla, ma non sarà più lo stesso, cambierà tutto! Io odio i cambiamenti: appena ti abitui a una cosa, appena cominci a sentirti a tuo aggio, tutto cambia. Cambiamo le persone, cambiano i luoghi, cambiano i tempi... Però io rimango la stessa.

martedì 8 luglio 2008

Il bivio...


E' come se fossi continuamente nella mia testa... Spesso non me ne rendo conto, non me ne accorgo e penso a te. Sei sempre nella mia mente: prima di addormentarmi penso a te, prima di salutare il giorno penso a te. Il risveglio è segnato dal tuo nome, la partenza per il regno di Morfeo è avvolta dalla tua presenza... Ormai non mi riconosco più. Non dovrei reagire in questo modo ogni volta che sento il tuo nome; anche se so che non si sta parlando di te quelle poche lettere che compongono il tuo nome mi trasportano in un'altra dimensione. Perché mi sento così? Perché non riesco a voltar pagina, perché qualcosa mi trattiene dal andare avanti senza di te? Non mi riconosco più, non capisco più le mie azioni... E' come se non fossi in grado di dimenticati! Quei pochi attimi passati insieme mi hanno fatto provare qualcosa per te, però io non riesco a definire quel "qualcosa": mi sento male non potendo capire me stessa, non riuscendo a cancellare il tuo ricordo dalla mia mente. Cerco di dimenticarti in ogni modo possibile, ma tu sei sempre qua, sempre vicino a me. Mi coinvolgi, anche se non sei vicino, anche se non ti vedo da molto tempo! Cosa mi succede? Cosa sta succedendo alla mia mente: è come se fosse offuscata da te, come se fosse ossessionata da un solo pensiero del quale non riesce a liberarsi... A momenti non so più cosa fare, non so come comportarmi, cosa dire, sentire, provare!
Ormai tra di noi non potrà più nascere niente, è più che evidente... Però io continuo a sperare. Oggi persino ti ho sognato. Sentivo la tua voce e stavo bene, mi sembrava di essere avvolta da un tuo abbraccio, ero felice. L'alba mi ha privato di questa sensazione di calma, tranquillità, pace... Quel sogno sembrava quasi reale, credevo di viverlo veramente, ma appena ho aperto gli occhi mi sono resa conto che tutto questo era finito. Come diceva il buon Freud: quel sogno rappresentava un mio desiderio represso; però per come la vedo io, era più che altro la rappresentazione di un qualcosa di irrealizzabile. Stanotte ti sentivo vicino a me, mi sembrava quasi che mi fossi accanto: era un'emozione bellissima... Era solo un sogno, un prodotto del mio cervello, della mia immaginazione; perché queste parole fanno così male? Perché saperti solo un'invenzione del mio inconscio mi ferisce così tanto. Io ti vorrei qua, vicino a me!
Sono veramente patetica... Non mi riconosco più! Mi sto nuovamente chiudendo... Vivere nuovamente tutte queste emozioni non può che ferirmi. L'ho già vissuta un'esperienza simile: però quella volta era la realtà, la realizzazione di un sogno a farmi soffrire. Lui non se ne rendeva conto. Io non volevo accettare il fatto di essermi innamorata. I fatti erano chiari: lo amavo profondamente, ma me lo sono fatto sfuggire... Lui ha deciso di infrangere il mio cuore per farmela pagare... Era la goccia che ha fatto traboccare il vaso, era la chiave che definitivamente ha chiuso quella porta semiaperta che mi separava dal mondo intero, dalla vita.
Non vorrei nuovamente sentirmi in questo modo, io non me lo merito! Però mi sembra l'unica via... Ho perso la mappa per strada, non so più come comportarmi: mi trovo ad un bivio con un'unica indicazione. La domanda si pone spontaneamente: prendere la strada sicura o vagare nell'ignoto? Direi proprio di seguire il cartello: "Lasciamo perdere". Adesso dovrei decidere cosa lasciar perdere...

domenica 22 giugno 2008

Paura...


E' proprio buffo... Gioco a rugby, uno sport ritenuto 'violento' da molte persone, non ho paura di buttare giù le avversarie, non ho timore di fronte alle giocatrici che sono il doppio di me, ma oggi quando ho visto entrare un pipistrello nella mia camera da letto sono rimasta paralizzata dalla paura e sono scappata nella camera di mia sorella. Ero tutta agitata, mi mettevo quasi a piangere, di conseguenza ho messo paura anche alla mia sorellina; ero talmente disperata che non sapevo neanche cosa fare, non sapevo come mettere a posto la situazione. Con le lacrime agli occhi ho chiamato mio padre che piano piano ci ha spiegato cosa fare... Ero agitatissima, ma non tanto per me quanto per la mia sorellina.
La nostra sembrava una preparazione alla guerra, ad una battaglia molto importante: ci siamo coperte dalle punte dei piedi fino alle punte dei cappelli, con una particolare attenzione ai secondi. Avevo addosso tanta di quella roba che se fossi uscita da casa in inverno non avrei sentito freddo. Controllavamo i suoi movimenti come se fossimo delle agenti segrete sotto copertura, però ogni volta che era nelle immediate vicinanze di quella fessura che creavamo aprendo la porta decidevamo di chiuderla immediatamente: era un riflesso istintivo. Abbiamo studiato un piano di battaglia, ma appena l'abbiamo visto è cambiato tutto... Siamo uscite nello stesso momento dalla camera di mia sorella: lei è andata in camera mia a spalancare le serrande mentre io 'intrattenevo' l'ospite, poi io sono entrata nella camera dei miei per fare la stessa cosa, nel frattempo lei chiudeva la porta di camera mia e si assicurava che non ci fossero degli intrusi. Abbiamo isolato l'ospite e l'abbiamo indirizzato nella camera che volevamo poi abbiamo aperto la porta della camera dei miei, abbiamo aspettato che volasse via dalla camera d'ingresso e abbiamo chiuso definitivamente la porta.
E mentre eravamo occupate a fare tutte queste belle cose 'coraggiose', stavamo al telefono con nostro padre che rideva come mai nella vita... Si, è comprensibile, ma noi siamo solo delle ragazze, non abbiamo quel coraggio maschile. Che serata! Sicuramente abbiamo svegliato mezzo vicinato con tutto quel trambusto che abbiamo creato.

Mi sento stupida per aver reagito così... Non ho paura delle giocatrici delle squadre avversarie, non ho paura di farmi male, perché so come comportarmi, come cadere, tengo testa alle persone che potrebbero essere tranquillamente definite 'malvagie'. Però ho paura di un pipistrello, di un topo con le ali... Allora c'è qualcosa che non va!? Perché mi sono spaventata così tanto, so che sicuramente ne aveva più paura lui di me. E' venuta fuori la mia vera natura: ho paura di tutto (!) ed è per questo che non vivo sempre al 100% la mia vita. Se fossi una persona coraggiosa non mi sarei neanche rifugiata in un'altra camera, ma avrei trovato un modo, un qualche quaderno, un libro, per annientare 'il nemico'. Però è già finito, si è risolto tutto, abbiamo mandato via l'ospite indesiderato, posso essere tranquilla adesso. No, non ci riesco... Ho paura che sbuchi fuori da qualche parte... Che notte! Adesso dovrei tornare a studiare visto che il pipistrello non me lo ha permesso fino ad adesso.